mercoledì 8 ottobre 2008

That's China!



Su www.giotibet.com c'è una nuova sezione  dedicata a quanto avviene nella Cina del boom economico. Qui si scopre l’ombra del grande successo cinese fatto spesso di corruzione dilagante, di malefatte e di soprusi contro chi si oppone a un potere che calpesta il più elementare diritto alla vita in nome di un bieco profitto. Questo primo capitolo di “Ombre Cinesi” (questo il titolo della sezione) è dedicato al recente scandalo del latte in polvere adulterato che ha colpito gli esseri più indifesi: i bambini.



Non guardano in faccia a nessuno. La grande industria cinese pur di realizzare profitti facili non bada agli ostacoli e li supera. 

Non risolvendoli, non solo aggirandoli. 

Ma abbattendoli e calpestandoli con tutto quello che ci capita intorno. 


Stavolta sotto i piedi di questa masnada di assassini ci sono capitati gli esseri più indifesi: i bambini.  


Era già successo con alcuni giocattoli “made in china” pericolosi per tutti i bambini del mondo. Oggi tocca principalmente, ma in modo molto più grave, agli stessi loro figli, ai bambini cinesi. 


Il latte in polvere adulterato alla melamina, è solo l’ultimo scandalo che è scoppiato nella Grande Cina ma ha già causato la morte di tante vite appena sbocciate e decine se non centinaia di migliaia rischiano di sfiorire. 

Un numero destinato a crescere a dismisura e forse a non potere essere nemmeno quantificato con precisione. 


Daccordo, si fa sempre fatica a parlare di cifre con il governo cinese, adesso ci si  mettono anche i responsabili della sanità pubblica che rifiutano di fornire i dati di questa disastrosa e nuova strage di innocenti, giustificando la loro omertà affermando che non si tratta di fenomeno epidemico e quindi non a rischio contagio. 


Durante i Giochi Olimpici sono riusciti a tenere nascoste queste voci, come tante altre riferite ad altri pericolosi scandali, per non disturbare l’immagine che il grande baraccone olimpico doveva realizzare. 


Adesso però la bolla è venuta a galla e siamo qua a parlarne anche diffusamente. Prima di invitarvi sul sito alla lettura dei vari articoli, voglio farvi una raccomandazione. 


Ci sono due modi di leggere queste storie. 

Da un lato i fatti e i dati per acquisire una conoscenza di cronaca. 

Dall’altro, invece, c’è da comprendere un fenomeno che investe un sistema potere gestito da funzionari e dirigenti di partito e poi ufficiali dell’esercito. Tutti insieme a privilegiare le parentele, i figli, gli amici e gli amici degli amici, per dare vita a una oligarchia che gestisce la vita (e la morte) di oltre un miliardo di persone. 


L’invito che porgo ai lettori e di leggere con attenzione gli articoli che vengono proposti sul sito che sono frutto di analisi, osservazioni e considerazioni di chi conosce la Cina e le sue contraddizioni. 


Sul sito parleremo, approfondiremo e cercheremo di acquisire anche quel tanto di conoscenza che magari possa consentirci, perché no, di difenderci da un’invasione indiscriminata, che non ha rispetto per niente e per nessuno. Che si tratti di regole di mercato o di salute, che si tratti di diritti umani e di vite umane. 


Siamo fermamente convinti che anche queste prese di posizioni, chiamiamole pure difensive e di riparo, possano essere da stimolo e contribuire a innescare un processo nuovo che speriamo porti presto a un reale ravvedimento della Cina e dei suoi governanti e a un’auspicabile democratizzazione che possa migliorare la vita di tutti. 

In primis dei cinesi stessi.

venerdì 15 agosto 2008

Intervista di Giotibet a Piero Verni


Piero Verni è giornalista, scrittore e documentarista esperto di Tibet e di storia tibetana. E’ l’unico italiano ad avere pubblicato una biografia autorizzata del Dalai Lama (Jaca Book Edizioni). Fra le altre pubblicazioni ricordiamo “Il Tibet nel cuore” edito dalla Sperling & Kupfer, casa editrice presso la quale ha diretto anche una speciale collana dedicata al Tibet. E’ tra i fondatori dell’Associazione Italia-Tibet e per molti anni ne è stato anche presidente. Tra i suoi ultimi lavori, oltre a vari articoli e interventi su stampa, radio e televisione, c’è un video dal titolo “In Marcia verso il Tibet” sull’evento del quale si è ampiamente parlato anche su questo sito. Quella che segue è un’intervista con tono di conversazione che percorre a tutto tondo “la questione Tibet” nei suoi risvolti più attuali.



Giotibet - Allora, cominciamo dalla notizia di poche ore fa. Sembrerebbe che i tibetani non possano nemmeno usare le tecniche tradizionali della non violenza gandhiana come lo sciopero della fame. Infatti i sei digiunatori della Tibetan Youth Congress che erano giunti al nono giorno di sciopero della fame e della sete, contro la loro stessa volontà sono stati portati in ospedale dalla polizia indiana che ha tra l’altro arrestato circa 150 tibetani che avevano formato una catena umana per impedire questo ricovero coatto. Cosa ne pensi?


PV - Ritengo grave, sbagliato e odioso questo intervento della polizia indiana. Per tutto l’arco della lotta per l’indipendenza dell’India, il Mahatma Gandhi aveva usato l’arma non violenta del digiuno ad oltranza. Poco prima di essere ucciso per mano di fanatici religiosi, Gandhi era stato vicinissimo a morire a causa di un digiuno effettuato per protestare contro gli scontri tra indù e musulmani che insanguinavano le strade di molte città, in particolare quelle di Calcutta. Quindi è paradossale che proprio le forze di polizia indiane non riconoscano ai tibetani quel diritto di portare fino alle estreme conseguenze un digiuno che tanta parte ha avuto nella prassi politica del padre fondatore della loro Nazione. Inoltre mi sembra anche un atto gravido di pericolose conseguenze...


Giotibet - Vale a dire?


PV - Vale a dire che la frustrazione e la collera dei tibetani, in questo caso dei rifugiati in India, sta raggiungendo livelli di guardia. Hanno visto fallire rovinosamente tutti i tentativi di dialogo del Dalai Lama. Hanno dovuto ingoiare il boccone amaro della rinuncia alla rivendicazione dell’indipendenza, hanno ascoltato il loro massimo leader dichiararsi favorevole alle Olimpiadi della vergogna e perfino accettare che i tibetani siano considerati una minoranza etnica cinese... e tutto questo per niente. Per dei finti colloqui che nessuna persona dotata di un minimo di acume politico potrebbe decentemente scambiare per un vero dialogo. Eppure, nonostante tutta la loro collera, i tibetani hanno dato vita ad una “Marcia Verso il Tibet” che è stata progettata, si è svolta ed è terminata nella più limpida tradizione della non violenza. Tre giorni or sono il poeta e attivista Tenzin Tsundue è stato arrestato all’aereoporto di Bhuntar, nel distretto di Kullu, non si sa bene su quali basi. La sua unica colpa era quella di volersi riunire ad altri tibetani intenzionati ad entrare in Tibet passando dalla regione dello Spiti. E anche questi tibetani l’altro ieri sono stati tratti in arresto. E, cosa molto grave, è stato messo in prigione anche Shingza Rimpoche, un importante lama del monastero di Sera. E adesso questo ricovero coatto in ospedale e altri arresti. Beh, per quanto la pazienza dei tibetani sia proverbiale non ritengo possa durare all’infinito. Mi sembra che se si impedisce loro anche di protestare con le tecniche classiche della non violenza, prima o poi potrà venire in mente a qualcuno di scegliere modalità di lotta meno pacifiche.  


Giotibet - A parte quello che sta accadendo in queste ore, secondo te in quale direzione politica dovrebbero muoversi i tibetani, passato il periodo olimpico?


PV - Posso sbagliarmi ma la mia impressione è che questi ultimi mesi di mobilitazione politica, la sollevazione popolare anticinese avvenuta in Tibet, la serie ininterrotta di manifestazioni attuate dai profughi tibetani in Nepal e brutalmente represse a manganellate dalla polizia maoista di Katmandu... tutto questo dicevo ha messo in moto, soprattutto all’interno della società civile dell’esilio, un movimento che non credo si spegnerà facilmente una volta terminate le Olimpiadi. Anzi, a me pare che questi ultimi mesi abbiano segnato un punto di non ritorno per l’azione politica di molti tibetani. Purtroppo sembra che il governo tibetano in esilio non se ne renda conto e continui imperterrito sulla strada delle concessioni unilaterali e del rifiuto a prendere atto delle chiusure cinesi. A questo riguardo trovo le ultime dichiarazioni del “negoziatore” Lodi Gyari un vero capolavoro di demenza politica. Essendo molto pessimista riguardo alla capacità del governo tibetano in esilio di mettere in opera un salutare (seppur tardivo) cambiamento di tattiche e strategie, penso che il destino del Tibet sia nelle mani di organizzazioni come la Tibetan Youth Congress o il National Democratic Party of Tibet che con molto più realismo di Dharamsala comprendono come la via da seguire sia quella di un confronto aperto e coraggioso con Pechino...


Giotibet - Nel senso?


PV - Nel senso di contribuire, insieme ad altri soggetti quali gli uiguri, i mongoli, i praticanti della Falun Dafa, i cattolici fedeli al papa, gli operai del nascente sindacato clandestino, i contadini ridotti alla fame dal “socialismo di mercato”, alla lotta per un cambiamento positivo del sistema di potere cinese.  Un cambiamento che si spera possa essere il più graduale e il meno traumatico possibile.


Giotibet - E un cambiamento del genere lo ritieni possibile?


PV - Senza dubbio. La Cina comunista, sarebbe meglio dire capital-socialista, non è il gigante d’acciaio che vorrebbe far credere di essere. Non voglio estremizzare il discorso e dire, parafrasando il presidente Mao, che sia “una tigre di carta” ma è senza dubbio un regime molto meno stabile di quanto molti pensano.


Giotibet - Quindi i tibetani...


PV - Dovrebbero, a mio avviso, dare vita ad un forte movimento di liberazione in grado di attaccare, dentro e fuori il Tibet, i simboli del dominio cinese sul Tetto del Mondo. Una campagna di sabotaggio non violento, di disubbidienza civile, di cyber guerriglia, di controinformazione, di disarticolazione creativa del potere di Pechino. Ritengo che il “villaggio globale” all’interno del quale, volenti o nolenti, tutti ci troviamo e una tecnologia alla portata di chiunque giochino molto più a favore dei tibetani che non dell’apparato repressivo cinese.


Giotibet - A proposito di strumenti di lotta, cosa pensi della recente azione di guerriglia compiuta a Kashgar da, sembrerebbe, un gruppo di militanti di un’organizzazione islamica che rivendica l’indipendenza del Turkestan Orientale, che i cinesi hanno invaso nel 1949 e che ora chiamano Regione Autonoma del Xinjiang? Chi sono gli uiguri e hanno veramente scelto la lotta armata per rivendicare i loro diritti?


PV - Gli uiguri sono un popolo di religione islamica e linguisticamente apparentato con l’etnia turca. Quando la Cina Popolare invase la repubblica del Turkestan Orientale solo poche decine di migliaia di cinesi abitavano in quelle aree dove gli uiguri rappresentavano l’assoluta maggioranza della popolazione. Vi erano una robusta minoranza kazakha e rappresentanze di kirghishi, uzbechi e tajiki. ma pochissimi cinesi. Oggi invece i coloni han sono circa otto milioni, poche centinaia di migliaia in meno degli uiguri ed hanno in mano tutte le leve del potere della regione che Pechino cerca in ogni modo di sinizzare. Comprensibilmente questo stato di cose ha creato molto risentimento tra la popolazione uigura che, in larghissima maggioranza, vorrebbe staccarsi dalla Cina e dar vita ad uno stato indipendente. Però sono solo pochi a ritenere la lotta armata il mezzo ideale per ottenere questo scopo. Rabya Kadeer, la principale leader uigura che dopo aver scontato alcuni anni di prigione si è rifugiata negli Stati Uniti da dove combatte la sua battaglia, è categorica sulla scelta della non violenza come metodo di azione politica. E altrettanto categorica lo è nel rivendicare le ragioni di un Islam uiguro tollerante, aperto e democratico. 

Di converso, parlando dei movimenti islamici estremisti, quando si ha a che fare con Pechino non sai mai bene dove iniziano le provocazioni del regime e dove invece ti trovi di fronte a delle situazioni autentiche. Per quello che mi è dato da vedere ritengo che esistano frange della resistenza uigura che pensano ad una sorta di “Jihad” contro il governo cinese e forse sono addirittura in contatto con Al Kaeda. Ma si tratta, per il momento, di esigue minoranze. Speriamo che restino tali.   


Giotibet - Come giustamente dicevi tu prima, non ci si dovrebbe mai dimenticare quando si parla di Cina che oltre a tibetani, uiguri, mongoli della cosiddetta Mongolia interna, ci sono anche molti cinesi tutt’altro che soddisfatti di come vanno le cose. E per niente ipnotizzati dalla vetrina olimpica. I perseguitati della Falun Dafa, i contadini espropriati delle loro terre, i cittadini cacciati senza indennizzo dalle loro case perché in quei luoghi si devono costruire centri commerciali... cittadini che proprio in questi giorni hanno trovato la forza di protestare nella tristemente famosa Piazza Tienanmen. Insomma il regime cinese ha un contenzioso aperto anche con porzioni del suo stesso popolo che chiedono libertà e giustizia. E Le possibili concessioni e aperture attuate durante le Olimpiadi non potranno tornare ad essere chiusure all’indomani dei Giochi stessi? In altri termini credi che le Olimpiadi saranno di un qualche beneficio, almeno per i cinesi?

 

PV - Guarda, queste Olimpiadi sono state volute da Pechino per motivi politici e sono state concesse dal vergognoso Comitato Olimpico per motivi politici. A Pechino servivano per celebrare nel modo più spettacolare possibile il suo ingresso nel salotto buono delle Nazioni che contano e accreditarsi una volte per tutte come grande superpotenza politica, economica e militare. Fino ad ora le cose non sono andate proprio nel modo in cui aveva previsto e sperato il regime cinese. Non si sono mai sentite tante voci critiche verso la la Cina Popolare come negli ultimi mesi. Grazie soprattutto all’eroismo e al sacrificio dei tibetani ma non solo. Vedremo se la droga delle competizioni sportive e le fanfare della propaganda riusciranno a far dimenticare tutto il resto. O se anche durante il periodo olimpico si sarà in grado di mostrare il volto disumano, sordido e repressivo di questo regime. Ma a parte questo, francamente non vedo alcuna apertura significativa da parte del governo cinese, quindi alle Olimpiadi non seguirà alcuna chiusura perché non vi è stata prima nessuna apertura.


Giotibet - Per finire questa nostra conversazione torniamo al Tibet. Il mondo tibetano in esilio ha sempre avuto come riferimento e leadership la figura del Dalai Lama. Anche per l’Occidente il Tibet è identificato con questa figura. Ora però sembrerebbe che la questione tibetana cominci ad avere bisogno di guide più attive, più determinate. Di qualcuno che prenda la testa della lotta. Mi sembra essere un’esigenza che si manifesta sempre di più in quella che tu hai definito “società civile tibetana”. Pensi che da questa potranno uscire i nuovi leader e le nuove guide? C’è nel Tibet in esilio qualcuno che possa essere una figura di ispirazione e di riferimento?


PV - Da sola questa domanda meriterebbe lo spazio di un’intera intervista! Come dicevo prima il Dalai Lama sembra essere prigioniero della proposta politica che lui chiama “Via di Mezzo” e che ha accumulato una serie infinita di fallimenti e insuccessi. Se era plausibile, e forse anche giusto, nel 1988 provare la via del dialogo per cercare di sciogliere il nodo del Tibet oggi, nella seconda metà del 2008, il leader tibetano dovrebbe prendere atto che questa sua politica non ha risolto nemmeno uno dei problemi del martoriato Paese delle Nevi. Anzi, la situazione è persino peggiorata. Pensa per un attimo a cosa è successo nel mondo in questo ventennio. E’ caduto il Muro di Berlino e si è dissolta l’Unione Sovietica. Piccole repubbliche come quelle baltiche hanno riacquistato l’indipendenza. E’ nata l’Unione europea e monete antiche come franco, lira, marco non sono che un pallido ricordo. In tutto il pianeta si sono avvicendati regimi... la pena di morte è stata messa all’indice da un buon numero di nazioni... alcuni dittatori sono caduti e altri hanno preso il potere. E’ cambiato tutto dal 1988 ad oggi. Solo la politica della “Via di Mezzo” rimane la stessa. Nonostante il suo evidente e palese fallimento. E temo che le cose rimarranno così. In questo quadro, a parte le organizzazioni politiche a cui ho accennato prima, parlando invece di persone sarebbe bene che dall’interno della società civile tibetana uscissero leader in grado di svolgere una funzione di avanguardia, stimolo e guida della battaglia per la liberazione del Tibet. E a me sembra di vederne qualcuno. Non moltissimi ma qualcuno sì. E tra costoro mi pare molto interessante la figura di Tenzin Tsundue, questo poeta, intellettuale ed attivista politico che ha svolto un ruolo di primo piano durante la Marcia Verso il Tibet. Dà l’impressione di essere deciso e coraggioso. E’ già andato in Tibet ed ha fatto la conoscenza delle prigioni cinesi. E nonostante questo si sta battendo per rientrare, pur sapendo a cosa andrebbe incontro ove riuscisse nel suo tentativo. Vedremo nei prossimi mesi cosa gli accadrà e quale piega prenderanno le cose. La mia speranza è che il popolo tibetano non perda la fiducia nella possibilità di vincere questa sua difficilissima battaglia. Difficilissima certo ma non disperata. Oggi, qui in Bretagna dove mi trovo, leggevo i giornali francesi che davano un enorme spazio alla notizia della morte di Solgenitzin. Il quotidiano “Liberation” addirittura gli dedicava dieci pagine tra cui l’intera copertina. E mi hanno colpito le parole con cui gli attuali dirigenti moscoviti lo hanno onorato. E ho anche visto le immagini di quando, un anno fa, un Putin sommesso e ossequioso si era recato a casa di Solgenitsin per consegnarli di persona il Premio di Stato. Era quello stesso Putin che faceva parte dell’ingranaggio perverso che aveva cercato di stritolare, piegare, omologare lo scrittore dissidente. Chi avrebbe potuto immaginare all’epoca, nemmeno poi tanto lontana, in cui Solgenitzin vestiva la casacca dei deportati e subiva la tortura del gulag che un giorno un ex esponente del KGB gli avrebbe consegnato di persona un prestigioso riconoscimento? 

Questo per dire, in chiusura di questa nostra chiacchierata, che non si deve perdere mai la speranza di poter cambiare lo stato di cose presenti. Per dirla con le parole di una geniale campagna pubblicitaria della Apple, “Solo coloro che sono così folli da pensare di poter cambiare il mondo poi lo cambiano davvero”.

Pö Rangzen, ora e sempre. (Tibet Indipendente... ndr)

martedì 5 agosto 2008

Marcia verso il Tibet ••• IV Parte•••

di

Karma C. e Tibetan Uprising

corrispondente al seguito della marcia verso il Tibet per: 

Il Blog di Piero Verni (www.olistica.tv) - Associazione Italia-Tibet

www.giotibet.com - Il Sentiero del Tibet - Laogai Foundation


Manali, Himachal Pradesh, 5 agosto 2008, ore 13,30 (local time)

Grande tensione tra i profughi tibetani qui in India. Mentre circolano voci ricorrenti che Lhasa sarebbe sotto una sorta di stato d'assedio tanto è massiccio il controllo poliziesco in queste ore, non si hanno notizie sicure su quale sia la condizione del poeta e attivista Tenzin Tsundue, arrestato l'altro ieri all'aereoporto di Bhuntar (distretto di Kullu) mentre cercava di unirsi alla settantina di tibetani che volevano entrare in Tibet dallo Spiti. Sembra invece certo che il fermo dei sessanta marciatori avvenuto ieri sia stato trasformato in arresto e siano detenuti o a Manali o a Bhuntar. Tra di loro c'è il lama Shingza Rinpoche, originario dell'Amdo, e attualmente uno dei principali maestri spirituali del monastero di Sera (India meridionale). E' la prima volta nella storia dell'esilio indiano che un lama di tale importanza viene imprigionato e tradotto in carcere. Tutti gli arrestati hanno iniziato uno sciopero della fame e della sete. C'è un forte malcontento sia tra i tibetani sia tra la popolazione locale dello Spiti (di etnia tibetana) che ha cercato in tutti i modi di convincere la polizia indiana di non arrestare i marciatori. Purtroppo senza successo. Intanto a Delhi si sono aggravate le condizioni di salute dei sei militanti della Tibetan Youth Congress giunti al 9° giorno di sciopero della fame e della sete. E nella capitale indiana stanno convergendo centinaia di profughi sia per rendere omaggio ai digiunatori sia per partecipare alla grande manifestazione indetta per il 7 agosto dalla TYC per l'indipendenza del Tibet e contro i Giochi Olimpici della vergogna. In molti qui sperano in gesti concreti di solidarietà da parte dei sostenitori internazionali della causa tibetana e anche per questo vi chiedo di far circolare queste informazioni il più rapidamente possibile e nel modo più ampio. Io cercherò, nei limiti della mia possibilità di comunicare via telefonino, di tenervi puntualmente informati.

Marcia verso il Tibet ••• IV Parte •••


Karma C. e Tibetan Uprising

corrispondente al seguito della marcia verso il Tibet per: 

Il Blog di Piero Verni (www.olistica.tv) - Associazione Italia-Tibet

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Tabo, Spiti, 4 agosto 2008, ore 13,45 (local time)

Il gruppo di oltre 70 tibetani che cercava di entrare in Tibet clandestinamente attraverso il confine situato nella regione indiana dello Spiti, è stato scoperto pochi minuti fa dalla polizia di Nuova Delhi. Oltre sessanta marciatori sono stati fermati anche se per il momento il numero di poliziotti è ancora limitato. E' confermata la notizia dell'arresto ieri pomeriggio del poeta e attivista tibetano Tenzin Tsundue. Ancora una volta è stato negato ai tibetani il diritto a tornare nella loro terra. Non sappiamo bene cosa potrà succedere nelle prossime ore, se il fermo dei catturati verrà tramutato in arresto e se anche i rimanenti marciatori verranno fermati o arrestati. E' però importante che la notizia di questo nuovo tentativo dei tibetani di entrare in Tibet venga fatto conoscere ai media e all'opinione pubblica internazionale per cui vi prego di diffondere al meglio e al più presto questa notizia e le altre che spero di riuscire ad inviarvi non appena ne avrò la possibilità.

domenica 29 giugno 2008

••• Diario della Marcia verso il Tibet ••• Terza Parte

Karma C. e Tibetan Uprising

corrispondente al seguito della marcia verso il Tibet per: 

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Dharamsala, Himachal Pradesh, 29 Giugno 2008

Dopo 110 giorni, la Marcia verso il Tibet è stata ufficialmente dichiarata conclusa con una cerimonia nel campo profughi di Paonta Sahib. I presidenti delle cinque organizzazioni non governative (ong) hanno invitato i marciatori a ritornare nei loro distretti di provenienza per  ricaricarsi e per preparare amici e familiari alle molteplici iniziative che avranno luogo durante le Olimpiadi. “In ogni caso, anche se la Marcia verso il Tibet è ufficialmente conclusa, il Tibetan People’s Uprising Movement continua la sua azione” questa l’affermazione netta di Ngawang Woebar, presidente del GuChuSum, una delle ong. Intanto, i 41 marciatori arrestati nei giorni scorsi nelle varie località lungo il confine indo-tibetano, compresi Chime Youngdung e Konchok Yangphel, rispettivamente presidente del Partito Democratico del Tibet e responsabile Relazioni Esterne del Tibetan Youth Congress (vedi foto), sono stati rilasciati a condizione che non vengano intraprese attività (politiche) che disturbino il governo indiano. I marciatori si sono riuniti a Paonta Sahib per questa cerimonia conclusiva e tutti hanno sottolineato il successo, il clamore e, in particolar modo, il notevole sostegno dei supporters di tutto il mondo che hanno ottenuto. Il Dr. B. Tsering, presidente dell’Associazione delle Donne Tibetane, altra ong organizzatrice della Marcia, ha concluso indicando le prossime attività: “Raccoglieremo le forze, pianificheremo una precisa strategia e ci ritroveremo in migliaia per proseguire la nostra protesta in Agosto durante i Giochi Olimpici”. 

Ringraziamo Karma C. e i corrispondenti del Tibetan People’s Uprising Movement per averci dato la possibilità di seguire quotidianamente questo importante evento e confermiamo la nostra disponibilità e tutto il nostro impegno per sostenere le azioni che verranno intraprese in futuro. (la redazione). Pö Gyallo!


Shimla, Himachal Pradesh, 20 Giugno 2008

I 41 arrestati sono al secondo giorno di sciopero della fame e rifiutano cibo e acqua. Lo sciopero continuerà fino a che le autorità indiane non consentiranno il rilascio dei marciatori e la ripresa della Marcia. Anche il grosso del gruppo che era stato costretto a ritornare indietro fa sentire la sua voce e chiede che sia permesso ai media di entrare in Tibet, protesta contro la provocazione della fiaccola olimpica a Lhasa e ribadisce che loro sono tibetani e come tali vogliono essere liberi di ritornare nella propria terra.


Shimla, Himachal Pradesh, 19 giugno 2008

Due Tibetani sono stati tratti in arresto dalle guardie di frontiera indiane attorno alle 10,30. I due si trovavano in prossimità del passo di  Shipkila e non appena sono arrivati in vista del Tibet hanno cominciato a sventolare bandiere tibetane e a mostrare uno striscione  con la scritta “Tibet Libero” e a lanciare slogan contro l’occupazione cinese e contro il passaggio della fiaccola in Tibet. Si tratta di Chime Youngdung, presidente del Partito Democratico Nazionale del Tibet di 33 anni, e di Konchok Yangphel, rappresentante del Tibetan Youth Congress di 29 anni. Legdup Tsering di 20 anni che ha documentato l’arresto è stato arrestato a sua volta qualche ora dopo. Questi tre avevano ripreso la Marcia a seguito dell’arresto degli altri 50 ma, la notizia è che la vari gruppi di tibetani ripartono da punti diversi. Altri arresti sono stati registrati lungo il confine indo-tibetano: 21 a Reckong Peo nel distretto di Kinnaur e hanno cominciato anche uno sciopero della fame; altri 10 a Rampur e ieri altri 7 a Pooh 21 chilometri prima del confine.


Darchula, Uttarkhand, 17 giugno 2008 (ore 21,15)

Questa mattina verso le 10,00 tutti i 50 marciatori e i presidenti delle cinque ONG sono stati arrestati dalla polizia indiana un chilometro prima che la "Marcia" potesse raggiungere il villaggio di Darchula. Duecento poliziotti hanno diviso i marciatori in gruppi di quattro e li hanno caricati su due pulman e sembra li abbiano portati fuori dall'Uttarkand. Gli ultimi due giorni la "Marcia" si era fermata nel villaggio di Dongatuli dove le piogge notturne sono state terribili. Il presidente della TYC ha comunque dichiarato che la lotta del popolo tibetano non si fermerà fino a quando il Tibet non sarà tornato indipendente. Le comunicazioni telefoniche continuano ad essere instabili, comunque appena potrò avere la linea vi invierò altre notizie.


Dungatoli, Uttarkhand, 15 e 16 giugno 2008 (ore 22,00)

Nella giornata del 15 i marciatori sono andati avanti per 27 chilometri e da Askote sono arrivati a Dungatoli dove hanno trascorso la notte in una scuola elementare. Un parente del re di Askote, Mahinder Singh Pal, ha offerto un vero pranzo reale ai marciatori. Uno dei marciatori più anziani, Tenpa di 74 anni e  il fratello anziano del re, Virender Singh Pal di 75 anni si sono riconosciuti perché si erano incontrati già 49 anni prima  quando Tenpa era scappato dal Tibet per venire in esilio in India. Questo incontro Ha riservato intense emozioni per tutti coloro che erano presenti. La tappa di oggi, 16 Giugno, è stata di 17 chilometri con arrivo a Gothi. Il campo è stato piazzato solo 6 chilometri fuori da Dharchula. Questo è l’ultimo villaggio e dopo sarà l’ultimo e disabitato lembo di terra indiana che segna il confine con il Tibet. E ormai siamo alla vigilia del passaggio della torcia  a Lhasa.

domenica 15 giugno 2008

••• Diario della Marcia verso il Tibet ••• Terza Parte

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Askote, Uttarkhand, 14 giugno 2008 (ore 22,00)

Oggi i marciatori si sono riposati a Askote. Bhanu Raj Singh Pal, re di Askote, ha invitato i presidenti delle ong e il coordinatore della marcia a prendere un tè nel suo palazzo e per esprimere il suo completo appoggio al movimento dei tibetani e alla Marcia verso il Tibet. E poi ha invitato anche tutti i marciatori per il pranzo del giorno seguente. Lakpa Tsering, uno dei marciatori, assieme a un membro esecutivo del Tibetan Youth Congress, hanno sponsorizzato e offerto il pranzo a di oggi che il comitato organizzatore ha preparato a base di pollo e che è stato molto apprezzato dai marciatori.

••• Diario della Marcia verso il Tibet ••• Terza Parte

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Uttarkhand, 13 giugno 2008 (ore 19,15)

Oggi la "Marcia Verso il Tibet" ha percorso 12 chilometri e i marciatori passeranno la notte all'interno di una ex stazione di polizia abbandonato in una località che si trova tra Didihut e Askote. Così invece di montare le tende come al solito, staremo in questo edificio in muratura un tempo usato dalla polizia indiana. Ed è un bel sollievo dal momento che piove tutte le notti. Per fortuna però, il tempo durante il giorno è clemente. Oggi hanno raggiunto la "Marcia" due monaci del monastero di Kirti che sono venuti a trovare Shingza Rimpoche, uno dei marciatori, e hanno fatto anche una donazione in denaro per sostenere la Marcia. I marciatori stanno tutti bene e il Tibet è sempre più vicino.

giovedì 12 giugno 2008

••• Diario della Marcia verso il Tibet ••• Terza Parte

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Karma C. e Tibetan Uprising

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Didihat, Uttarkhand,  12 giugno 2008 (ore locali 15,30)

Come era nei programmi, i marciatori hanno lasciato il campo stamattina alle 7,00, hanno camminato per 18 chilometri e sono arrivati verso le 13,30 a Didihat dove si accamperanno per la notte. In questo luogo centinaia di tibetani si sono stabiliti durante la loro fuga dal Tibet dopo la rivolta del 1959. E molti tibetani sono rimasti in queste zone per alcuni anni lavorando come stradini e costruendo strade prima di spostarsi verso Dharamsala o verso i vari campi profughi dell’India. Per questo motivo molti indiani locali conoscono un po’ di lingua tibetana. Con la catena himalayana ben in vista e questi luoghi che sono parte della storia della loro gente, i marciatori sentono l’aria di casa. “Stiamo percorrendo le stesse strade di quando i nostri fratelli e sorelle sono scappati dalla persecuzione cinese in Tibet” dice Tenzin Choeyng, coordinatore nazionale della sezione indiana di Students for a Free Tibet e prosegue: “Stiamo ritornando in Tibet non perché qui va tutto bene, ma precisamente perché il nostro popolo ha bisogno del nostro aiuto per porre fine all’occupazione cinese”.

••• Diario della Marcia verso il Tibet ••• Terza Parte

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Thal, Uttarkhand,  11 giugno 2008 (ore locali 22,30)

I 50 marciatori sono partiti questa mattina alle 09,45 e sono arrivati nel villaggio di Thal verso le 15,30 dopo aver percorso circa 22 chilometri. Questa sera sono tutti molto stanchi dal momento che oggi facevo un caldo incredibile ma il morale rimane sempre alto. Domani mattina la partenza è prevista per le 07,00. Per il momento non ci sono stati interventi della polizia indiana.

martedì 10 giugno 2008

••• Diario della Marcia verso il Tibet ••• Terza Parte

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Karma C. e Tibetan Uprising

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Banspatant, Uttarkhand,  10 giugno 2008 (ore locali 01,00)

Alle 14,50 di ieri pomeriggio, i cinquanta marciatori hanno lasciato Banspatan su di un camion e hanno raggiunto Berinag dove il 5 giugno erano stati arrestati gli altri 259 dimostranti poi espulsi dall'Uttarkand e trasferiti nella località di Paonta Sahib nello stato dell'Himachal Pradehs. A Berinag, la "Marcia Verso il Tibet" è ripresa. Prima della partenza Lobsang Yeshi e Chime Youngdung, rispettivamente coordinatore della Marcia e presidente del National Democratic Party of Tibet, hanno spiegato bene ai marciatori che l'ordine del governo centrale indiano era sempre quello di considerare illeggittima la "Marcia" e quindi è possibile che la polizia indiana possa di nuovo intervenire e procedere all' arresto dei marciatori in qualsiasi momento. Così all'inizio vi era molta tensione nell'aria. Ma dopo aver superato, senza problemi, la stazione di polizia di Berinag, l'atmosfera si è fatta più rilassata. Quando poi, dopo qualche centinaio di metri i marciatori hanno potuto vedere le cime himalayane ammantate di neve, il morale è tornato molto alto. Prima della partenza ci sono state piogge battenti e violente ma durante il cammino il tempo è stato clemente e la temperatura fresca e piacevole. Ieri sono stati percorsi 14 chilometri ma ce ne sono circa altri 180 prima del confine con il Tibet. Intenzione degli organizzatori è quella di percorrere il restante tratto in una decina di giorni ed entrare in Tibet in concomitanza con l'arrivo della Torcia olimpica a Lhasa. E' un progetto ambizioso, sia per il grande numero di chilometri da percorrere in poco tempo sia per la volontà del governo di Delhi di fermare la "Marcia". Comunque qui tutti sono assolutamente determinati ad andare avanti e a non abbandonare la lotta. L'importante, ancora una volta, è la comunicazione. Come al solito prego tutti coloro che ricevono queste mie brevi corrispondenze di inoltrarle al maggior numero di persone possibile.

sabato 7 giugno 2008

••• Diario della Marcia verso il Tibet ••• Terza Parte

di

Karma C. e Tibetan Uprising

corrispondente al seguito della marcia verso il Tibet per: 

Il Blog di Piero Verni (www.olistica.tv) - Associazione Italia-Tibet

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Banspatant, Uttarkhand,  07 giugno 2008 (ore locali 15,00)

I 50 marciatori rimasti qui al campo di Banspatant, hanno accolto con gioia la notizia del rilascio dei presidenti delle 5 ONG e del coordinatore della Marcia, Lobsang Yeshi. Tutti e sei i dirigenti sono attesi da un momento all'altro. Si dovranno prendere decisioni importanti e decidere come e quando rimettere in movimento la Marcia. Le comunicazioni telefoniche continuano ad essere molto difficili ma spero di riuscire a prendere la linea al più presto per darvi notizia del loro arrivo.

venerdì 6 giugno 2008

••• Diario della Marcia verso il Tibet ••• Terza Parte

di

Karma C. e Tibetan Uprising

corrispondente al seguito della marcia verso il Tibet per: 

Il Blog di Piero Verni (www.olistica.tv) - Associazione Italia-Tibet

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Nainital, Uttarakhand, 6 Giugno 2008 (ore locali 23,15)

Verso le 21,50 di oggi sono stati rilasciati i presidenti delle cinque ong, Tsewang Rigzin, B. Tsering, Ngawang Woebar, Chime Youngdung e Tenzin Choeying più il coordinatore della Marcia Lobsang Yeshi che erano stati arrestati a Ganai Gangoli mentre si recavano dal Magistrato del Distretto per colloqui. Questa mattina presto, invece, i 265 marciatori che erano detenuti a Berinag sono stati costretti a ritirarsi fino a Paonta Sahib, a ridosso dell’Himachal Pradesh, dove sono stati accolti con molto calore dalla locale comunità tibetana.